di Francesca cannella
Nella società sempre più consumistica in cui oggi viviamo, noi ragazzi siamo abituati ad avere tutto e subito..senza dover fare nessun sforzo.
Per questo l’idea di guadagnarsi le cose con le proprie mani, con sacrifici, non ci appartiene. E’ raro trovare adolescenti che studiano e nello stesso tempo lavorano.
Per la maggior parte dei giovani svolgere entrambe le cose non li riguarda, ma per chi,invece, lavora durante tutto l’anno scolastico non è senz’altro facile collimare le due cose. Molti lavorano forse per necessità familiari che li spingono ad affrontare prima rispetto agli altri ragazzi il mondo del lavoro.
Altri invece lo fanno per propria scelta perché vogliono sentirsi autonomi da subito, senza dover dipendere dai propri genitori per ogni cosa.
In entrambi i casi il fatto di impegnarsi in un lavoro oltre che a scuola ha il grande vantaggio di permettere ai ragazzi di maturare più in fretta perché ci si rende conto che la vita non è fatta solo di divertimenti ma anche di responsabilità che prima o poi tutti si trovano ad affrontare.
C’è da mettere in conto,però, anche l’aspetto negativo ovvero il fatto che lavorare potrebbe pesare troppo sul ragazzo che ha già il compito di impegnarsi a scuola e questo potrebbe portarlo a distrarsi dal suo dovere principale: studiare.
Fatto sta che l’esperienza scuola-lavoro potrebbe essere utile per tutti gli adolescenti in quanto permette di capire che oggi noi giovani ci troviamo ad affrontare il mondo del lavoro molto tardi rispetto al passato. Questo perché il futuro che abbiamo davanti ci costringe a studiare per molti anni con pochissime possibilità di trovare un lavoro.
Per questo lavorare già da adolescenti , ci abitua all’idea di fare sforzi e sacrifici nella vita e può aiutarci,quindi, ad essere più preparati per affrontare il nostro futuro.

Le indagini archeologiche avviate sin dalla primavera scorsa stanno riportando alla luce un anfiteatro romano situato sotto il declivio del piazzale della stazione a Formia.
Al momento emerge solo una porzione dell’edificio, realizzato nell’immediato suburbio dell’abitato, come urbanisticamente e usualmente accadeva nella struttura delle città romane a cui Formia si adattò nel I sec. d.C., raggiungibile anche dal mare.

Le indagini al momento hanno interessato parte della cavea e andranno avanti sino all’arena.
Sono state affidate indagini geofisiche ad un equipe di topografi inglesi, altamente specializzati, della British School at Rome, i quali restituiranno con apposita strumentazione di rilievo la sagoma dell’edificio antico. Ciò sarà sicuramente di aiuto nel prosieguo degli scavi al fine di una più specifica localizzazione degli stessi nelle parti specifiche.
Nuovi elementi sono emersi da indagini topografiche e geomorfologiche dei luoghi tra cui strutture inglobate in un locale al piano terreno su Via anfiteatro, il quale presenta una parte della propria volta di copertura ad opus coementitum, e in un giardino retrostante dove emergono resti di ambienti voltati a botte, che facilmente possono essere ricondotti ad elementi costitutivi della cavea dell’anfiteatro. Ed aiutano contestualmente anche a definirne meglio le misure massime della “fabbrica” che sono di gran lunga maggiori dello spazio simil ovale definite nella planimetria catastale, con asse maggiore di mt. 83 ed asse minore di mt. 52.
La porzione di edificio che è emersa dagli scavi riguarda il rinvenimento di sei ambienti coperti con volta a “botte” in opus coementitum e disposti a “raggiera” che molto probabilmente erano la struttura basamentale su cui si impostava la cavea(le gradonate) in pietra che accoglieva gli spettatori dei vari censi; parte di un altro ambiente, uno degli ingressi principali dell’edificio (in genere ve ne erano quattro posizionati in modo assialmente perpendicolare) consentiva il passaggio all’arena e, attraverso l’ambulacro e alle scale al podium. Parte dell’ ambulacro è stato ritrovato con le pareti rivestite ad intonaco. Molte le murature di grande qualità che risultano realizzate in opus raeticolatum in calcare molto probabilmente poste in opera da maestranze romane o napoletane.

Questo dato è importante poiché suggerisce agli archeologi di datare l’opera nell’Età Giulio Claudia(41-84 d.C.) e quindi nella prima metà del I sec. d.C., un secolo prima rispetto a quanto ipotizzato inizialmente dagli studiosi la cui valutazione era stata dettata da analisi quasi esclusivamente di raffronto, topografiche, fotografiche e di superficie. Gli archi di un corridoio presentano muratura in opus latericium con gli stipiti laterali di base in opus mixtum, composti alternativamente da strati di mattoni (latericium) e pietra squadrata(quadratum). Nell’area di scavo si sono ritrovati altri locali, pezzi di colonne e di resti di altro materiale ancora da catalogare e definire. I corridoi voltati a “botte” erano la struttura principale di sostegno dell’anfiteatro. Essi sostenevano i settori anulari che costituivano le cavee.
L’impianto, simile per dimensioni a quello di Pozzuoli, era probabilmente composto, secondo uno schema che si ripeteva usualmente e in modo classista per la tipologia di anfiteatri nella Roma antica, da:
_ un arena dove avvenivano i giochi che era chiusa tutt’intorno da un alto muro;
_ al livello del muro il “Podium”- un alto podio che affacciandosi direttamente sull’area era riservato ai cittadini più illustri(i Senatores);
poi vi era la gradonata vera e propria chiamata cavea e differenziata in modo da potersi distinguersi in:
_ l’Ima Cavea (moenianum primum) che era riservata alle diverse classi di uomini liberi (equites, plebei-populus);
_ la Media Cavea(moenianum secundum imum) riservata alla donne ed era divisa da recinzioni lignee o a muraglia chiamate Praecinctiones;
_ la Summa Cavea (moenianum secundum summum) riservata ai servi, schiavi liberti, peregrini, stranieri;

_ Sotto l’arena vi era scavato un ampio sotterraneo per l’utilizzo di eventuali macchinari destinati agli spettacoli e locali per gli animali e di deposito.
L'anfiteatro è un edificio di forma ellittica utilizzato per giochi e spettacoli pubblici. Usato per i giochi dei gladiatori (Munera) e per le Venationes(gare-scontri che avvenivano tra gladiatori -o uomini vestiti come essi- e animali come tigri, leoni, orsi, coccodrilli, rinoceronti etc.. Nelle sostruzioni o negli spazi tra le volte vi erano locali di servizio e deposito: magazzini per le attrezzature ed anche per gli scenari, i “carceres” a per lo stazionamento di animali destinati ai combattimenti, locali destinati ai gladiatori ed anche spazi di culto per coloro che si preparavano ai combattimenti; è possibile che vi fossero, almeno in quelli di maggiore importanza spazi per la movimentazione delle scene sotto la cavea e sopra.
Con l’avvento della telefonia mobile databile al 1973, quando Martin Cooper, un ingegnere della motorola, fece la prima telefonata senza fili della storia, si è assistito a profonde trasformazioni sociali. Il telefonino essendo uno strumento di comunicazione facilmente trasportabile, è alla portata di tutti e assolutamente indipendente dallo status socio-economico. Per questa sua caratteristica ha alimentato in modo crescente, il bisogno comune di ognuno, di sentirsi sempre più vicini abbattendo ogni tipo di confine spazio-temporale in quanto garantisce la possibilità di essere sempre e ovunque reperibili. Oggi, mezzo di comunicazione per eccellenza, gode di molte funzioni multimediali padroneggiate con estrema facilità da una schiera sempre più ampia di giovanissimi, perennemente distratti da esso, con gli occhi puntati sul display e le dita picchiettanti sui tasti. È evidente, che soprattutto le relazioni di quest’ultimi sono state le più rivoluzionate. Se da una parte ha permesso un maggior numero di amicizie, dall’altro rende però, più superficiali i rapporti e notevolmente più povero il linguaggio impiegato. Quello usato è abbreviato affinché un sms (Short Message System) possa contenere più testo possibile. Le parole sono al limite della comprensibilità, proprio perché sono abbreviate e costituiscono un vero e proprio “slang” molto criticato dai genitori e dagli insegnanti di italiano per la sua elevata incidenza sul rendimento scolastico. L’uso eccessivo del telefonino conduce infatti, alla perdita progressiva del lessico e alla capacità di scrivere correttamente e parlare, oltre che alla sua dipendenza. Quest’ultima rappresenta il vero dramma, poiché corrisponde all’incapacità del non saper rinunciare al telefonino anche nei luoghi più improbabili e nelle situazioni più scomode. Una mera “questione d’immagine”, quindi sembrerebbe, favorita dalla molteplicità delle funzioni che il telefonino consente come fosse un computer miniaturizzato, e parte integrante del desiderio di apparire di noi giovani o almeno per la gran parte di noi. La dipendenza è dovuta anche dall’egocentrismo mostrato dai ragazzi che vedono negli sms un mezzo che esalta il loro valore perché le risposte ricevute corrispondo all’interesse degli altri e ai loro pensieri, poiché i messaggi contengono informazioni sulla persona e sui suoi sentimenti. C’è il rischio però che essi sostituiscano le relazioni e la vita reale. Nonostante tutto un riscontro positivo potrebbe riscontrarsi nel fatto che mediante gli sms ci si sente più sicuri di se stessi e si conoscono meglio le altre persone. Il possesso del telefonino è un elemento indispensabile per sentirsi “qualcuno” perché esso va oltre l’utilità pratica e reale. Purtroppo,e in qualche caso spesso, è utilizzato in modo inappropriato perché alcuni usufruiscono delle sue funzionalità per documentare e condividere online le proprie “bravate”. Per questi motivi ritengo necessario evitare l’emulazione di chi usa il telefonino con un obiettivo opposto a quello per cui è stato progettato, ma definirlo per quello che è, un mezzo di comunicazione, capace anche di emozionare ma senza futilità.
La separazione....come si vive a cura di Federica Lops
La separazione coniugale sta divenendo un fenomeno sempre più diffuso, una situazione con la quale molti, troppi bambini si confrontano ogni giorno. "Separazione" non sta ad indicare solamente e semplicemente la divisione di due persone che condivivevano “un progetto” insieme, ma il cambiamento e la rottura di un'unità familiare.
Solitamente in questi casi si osa pensare “al negativo”, ovviamente perché si parla di delusione, dolore, fallimento di un matrimonio, in cui magari ci si credeva davvero. Ma forse, o molto probabilmente, ricorrere a questa difficile decisione è la cosa migliore da fare. Rimanere insieme, nonostante la sofferenza e “la mancanza di amore”, per il solo “amore” dei figli, è altrettanto una realtà molto frequente oggi che, se da un lato privilegia la tutela del bambino, dall’altro inasprisce sempre più i rapporti fra i coniugi e l’incomunicabilità.
Ci si deve chiedere però se questo "sacrificio" è effettivamente un bene per i figli.....poiché, non ci si rende conto, che proprio loro, più di chiunque altro, percepiscono e vivono quelle tensioni familiari che i genitori stessi trasmettono.
Si prospettano, quindi, aspetti meramente “teatrali” nella vita quotidiana familiare che generano mancanza di serenità, assenza di amore, nessun tipo di rispetto, assoluta incomprensione.
Non c'è la vera unità familiare...e questo è molto più triste e pesante di una separazione, che pur dolorosa che sia e, contrariamente a quanto si possa pensare, può aiutare molto. Il distacco sarà traumatico, si sa, è accertato, la vita familiare sarà diversa, le stesse situazioni si evolveranno in modo diverso, ma, quello che è più importante, è che non ci saranno esitazioni e chiaro il rapporto. Si vivrebbero situazioni più “vere” e non probabilmente”farse”, che inconfutabilmente farebbero più male.
DE MAGISTRIS AL FILANGIERI
di Gennaro Ciaramella
“Bisogna impedire che chi la pensa diversamente non possa esprimere la propria opinione liberamente; le grandi democrazie offrono un ricco confronto.” Così apre la conferenza del 22/10/2010 Luigi De Magistris, europarlamentare dell’Italia dei Valori. Ospite nel nostro Istituto in veste di ex magistrato, (con la M maiuscola) e Presidente della Commissione per il controllo dei bilanci nell’Unione Europea, parla dell’importanza della scuola e di varie problematiche del paese con chiarezza e apartiticità. A condurre il dibattito Raffaele Vallefuoco, responsabile nella regione Lazio della Fondazione Antonino Caponnetto. “La Costituzione, che molti vogliono cambiare, è stata scritta da membri di tutte le forze politiche del tempo” – spiga De Magistris – “non è un libro vecchio, giacché non è ancora attuata”. I ragazzi, particolarmente interessati, pongono subito alcuni quesiti; si spazia dalla questione Pomigliano al caso Fondi (consiglio comunale non sciolto dal governo per infiltrazione mafiosa). A colpire, non sono tanto l’esaustività delle risposte, chiare come già sapevamo che fossero, bensì il modo di replicare. Apartitico ma ugualmente chiaro nell’esprimere le sue convinzioni, pur non potendo parlare di politica intesa in senso stretto di “partitica”.
Nel suo libro, Giustizia e potere, tratta anche del problema che c’è tra politica e potere, fenomeni che spesso vanno di pari passo. “Il lavoro sembra essere un privilegio” – dice De Magistris – “ di conseguenza il cittadino, pur di avere un’occupazione, sarebbe disposto a scendere a compromessi”. Questo non può accadere! Eppure è solo il primo articolo della Costituzione e già si nota che non c’è attuazione dello stesso. La Costituzione è perfetta, ce la invidiano, invidiavano forse (dopo alcune manipolazioni fatte ultimamente) in tutto il mondo. Sarebbe stupido modificarla, salvo che non ci siano fini personali di qualche politico. La scuola deve essere anche e soprattutto sede di confronti con personalità pubbliche e politiche. Potersi rapportare con grandi figure istituzionali aiuta ad avere quei dati anagrafici che tutti dovremmo avere, ma che non appaiono sulla carta d’identità: i valori. Parola di Luigi De Magistris!
di Gennaro Ciaramella

Le domande sorgono spontanee. Come possono queste società o privati lavorare e sovvertire i meccanismi della legge raggirando tutti? Chi è che controlla? Il lavoro nero rallenta qualsiasi processo di occupazione. Deve esserci maggiore tutela da parte delle istituzioni perché non possiamo permetterci, nel 2010, di essere ancora a contatto con situazioni del genere!
di Editoriale
Il Castello di Mola , nella sua veste completa così come oggi la vediamo dal 1300, fu realizzato su commissione di Carlo II d'Angiò nel 1289 come "antemurale" della città di Gaeta. Ha dovuto subire molti attacchi nel corso dei secoli il penultimo dei quali (l'ultimo nella seconda guerra mondiale del 1940-45 è stato il bombardamento degli alleati in quanto i tedeschi vi avevano apposto fortilizio con bunker) ha ospitato la battaglia di "Mola", in quanto il castello costituiva, per la sua posizione, punto strategico delle operazioni di guerra da parte dei Piemontesi per la conquista di Gaeta.
La Mostra nel Castello a Formia è stata allestita dalla Provincia di Latina in occasione delle Celebrazioni del 150° Anniversario dell'Unità d'Italia(1861-2011) e, nel caso specifico del 150° Anniversario delle battaglie del Gargliano, di Mola e Gaeta,avvenute il 2, 3 e 4 Novembre del 1860.
In tale mostra oltre alla catalogazione attrverso schede tematiche delle battaglie di Mola e Gaeta al piano primo, è possibile visitare, per la prima volta dopo gli anni '70-'80, il complesso fortilizio, ad eccezione della torre nella quale è in fase di realizzazione la scala di collegamento dei piani.
Pur disadorni gli ambienti mostrano in modo evidente le preesistenze romane e medioevali, al di sotto di un pavimento in cristallo retto da struttura metallica, al di sopra delle quali si è elevato poi il castello, anche se non rispettando appieno gli orientamenti delle costruzioni sottostanti.
E' quindi motivo di interesse riportare una prima e breve descrizione storica del fortilizio di Mola riportato con il nome di "Castellaniae Turris Molae". Fu infatti nel 1460 che Ferdinando I d'Aragona Re di Napoli lo designò ai Caetani di Gaeta in segno di stima ed affetto per l'amicizia mostrata.
Si descrive quindi un breve profilo delle fasi più importanti della realizzazione del Castello:
1° Fase: Nella zona erano presenti dei fabbricati di origine romane di cui all'oggi è sconosciuta la funzione e soprastanti murature medioevali le quali molto probabilmente erano costruzioni connesse ai mulini.
2° Fase: Re Carlo II D'Angiò, fra il 1289 al 1300, ordinò la costruzione del fortilizio in zona Mola di Gaeta. Inserita entro una struttura esagonale, la torre
circolare aveva un altezza di metri 27.80 e diametro di metri 11.50 e con mura di grosse dimensioni. La costruzione bassa riguardava degli ambienti riservati ad una piccola guarnigione che aveva il compito di proteggere gli abitanti del villaggio (Mola), soggetti questi ultimi ai frequenti attacchi da parte di ladroni, saraceni e di truppe straniere che si fermavano per attaccare Gaeta.

3° Fase: XIII – XIV secc.
Nella guerra tra Roberto D'Angiò di Napoli e Federico II di Sicilia (1299-1302) la fortezza subì seri danni per cui fu ulteriormente rinforzata e fortificata e utilizzata al servizio del Re di Napoli.
4° Fase: XV sec. I CAETANI
Ricevuto il fortilizio da Ferdinando I d'Aragona nel 1460 i Caetani trasformarono il fortilizio in palazzo residenziale la quale comportò il rinforzo delle strutture originarie per consentire la sopraelevazione degli ambienti utilizzati in precedenza dalle guarnigioni e la suddivisione in tre piani della torre (originariamente era a quattro).
Nel 1700/1800 la torre ha assunto l'aspetto attuale come ben illustra il quadro di HACKERT di lato, che di proprietà della famiglia dei Caetani, è oggi esposto alla Reggia di Caserta. Nel 1800, sempre dalla famiglia Caetani d'Aragona viene montato l'ingresso su Via Abate Tosti. Il portale di marmo, proveniente da un edificio di Gaeta del X secolo d.C., è stato molto probabilmente eseguito nel XV secolo dall'architetto Giuliano da Sangallo il Giovane. La torre ed il fortilizio hanno ri-assunto in questo periodo la funzione prevalentemente difensiva del complesso, il quale avrebbe consentito un maggior passaggio protetto per chi doveva raggiungere Gaeta e Roma.

7° Fase: Il comune di Formia, dopo l'acquisto avvenuto tra il 1974/1976, realizza con il contributo della Provincia di Latina una serie di interventi in numero di 7, che si succedono a partire dal 1985 ad oggi e che sono, al momento terminati con la realizzazione, all'interno della torre, di parte delle scale mancanti in struttura leggera(ferro e legno) in luogo di quelle mancanti in muratura su volta a sbalzo. Gli interventi hanno interessato lavori di restauro e di consolidamento e riadattamento dei locali per ospitare l'attuale sede museale.
LE PIRAMIDI ALIMENTARI dallo studio di Barilla BCFN al III FORUM ON FOOD & NUTRITION PRESSO L’UNIVERISITA’ BOCCONI DI MILANO - 30 NOVEMBRE, 1° DICEMBRE 2011
L'altra faccia della medaglia. Come cambia la dieta e la piramide in funzione dell'ambiente e del consumo idrico. E' sostenibile il cibo "sano" in relazione al consumo di terra e di energia?. parte 1^ a cura di Natale Capodiferro
Dalla premessa del sottotitolo inizia una serie di articoli dedicati non direttamente alla "dieta mediterranea" ma alle relazioni che si creano tra "cibo", "ambiente" e "acqua" e, in stretta funzione la questione della sostenibilità del cibo rispetto al consumo di energia, di terra e di acqua.
In conseguenza vengono generate dalla maggiorparte degli studi di settore piramidi alimentari (comunque basate prevalentemente sulla dieta mediterranea) che mostrano alcuni cambiamenti, i quali, in alcuni casi, differiscono dalle qualità imposte in quella base.
Procediamo con ordine, inanzitutto è bene ricordarlo e, con merito, che la Barilla con il suo BCFN (Barilla Center for Food & Nutrition), centro di pensiero nato nel 2009, persegue l’obiettivo di analizzare e sviscerare i grandi temi legati all’alimentazione e alla nutrizione nel mondo, affrontandoli attraverso un approccio multidisciplinare: economico, scientifico, sociale e ambientale. Tali fattori vengono incrociati e analizzati nel loro “rapporto di causa-effetto” con il cibo e la dieta. Si determina quindi la vocazione di questo “centro di pensiero” come internazionale e parte integrante della sua stessa natura (del BCFN) e, che ha tra “le sfide della propria mission quella di affrontare tematiche urgenti per le popolazioni di tutto il mondo e per il nostro Pianeta” .
Quest’anno all' Università Bocconi di Milano si terrà mercoledì 30 novembre e giovedì 1° dicembre la terza edizione del «Forum on Food and Nutrition» organizzato dal Bcfn di Barilla.
Prevedendosi nel 2050 circa nove miliardi di persone sicuramente e molto probabilmente le diete saranno diverse, diversificate e funzionali alle esigenze del pianeta. Non solo, poiché i cambiamenti climatici attuali e quelli futuri determineranno dei fattori che sconvolgeranno anche la produzione agricola ancor più problematico sarà parlare di “dieta”, se ci sarà produzione agricola, in quanto, come si tenterà di spiegare nei prossimi articoli, anche la “terra” produttiva, sarà soggetta ad una progressiva riduzione per l’occupazione di parte di essa ad aree edificabili e per la “quantità” che ne “consumiamo”. Non ci rendiamo conto dell' impatto che ha il cibo sull' ambiente, sul riscaldamento globale e sulla riduzione di acqua e terra, si spiega nell’intervento «Sapere che mangiare sano fa bene anche al pianeta potrebbe guidare il consumatore a scelte più consapevoli», discusso mercoledì 30 Novembre. E’ qui che scatta la necessità di riequilibrare il nodo tra “cibo e ambiente”, di capire le relazioni che avvengono nel momento in cui si prospetta di seguire le indicazioni più accettate rispetto alla dieta mediterranea e alla sua piramide di riferimento. C’è un’altra faccia che risponde a quella dietologica, che forse dovrebbe cambiare alcune posizioni dei cibi nella piramide? È questo lo studio elaborato dal BCFN di Barilla, il concetto di doppia piramide, di cui la seconda, quella Ambientale è inversamente proporzionale alla prima. Oppure sono due facce della stessa medaglia?. Analizzando la doppia piramide da una parte troviamo i cibi in scala nutrizionale e dietetica, dall' altra il loro impatto sull' ambiente e già notiamo che alcuni cibi non sono perfettamente allineati alla piramide alimentare. Esempio semplice può essere il “pesce” e il “dolce” che si invertono nella piramide ambientale poiché il primo(si parla di rifiuti alimentari) è sicuramente nella scala della sicurezza potenzialmente più inquinante per le emissioni di gas serra in atmosfera.
Quale che sia il risultato, dovremo abituarci a cibi che fanno bene alla salute ma dovranno far meglio ed impattare nell’ambiente.
Ormai queste tecnologie non hanno più un fine pratico in quanto sono diventate icone del consumismo. Basti pensare che in una famiglia media c’è almeno un computer e ogni componente possiede uno o più cellulari.
Questi mezzi ci permettono di svolgere molteplici azioni che in passato erano impensabili come ad esempio parlare con persone in diverse parti del mondo quando vogliamo, effettuare acquisti senza spostarci e tenersi continuamente aggiornati su ciò che accade intorno a noi e in ogni parte del globo.
Ma queste tecnologie hanno davvero migliorato la nostra vita?
Possiamo dire che se da una parte hanno ridotto le distanze tra noi ed il resto del mondo, dall’altra ci hanno allontanato da quello che ci circonda.
Siamo arrivati ad utilizzare cellulari e computer anche quando non è necessario, “messaggiamo” con una persona che si trova a pochi metri da noi e anziché incontrarsi personalmente per scambiarsi opinioni ci si incontra nei “salotti virtuali”.
Alla luce dei fatti... NO … queste tecnologie non hanno affatto migliorato le nostre esistenze in quanto ci hanno reso degli esseri sedentari e solitari.
A questo punto sorge spontanea una domanda: E’ possibile ridursi a trascorrere intere giornate a fissare uno schermo estraniandoci dal mondo reale?
Viviamo in mondo tecnologico…che cosa significa per noi? a cura di Francesca Cannella
Cos’è diventata oggi, nel 2012, la tecnologia per ognuno di noi? Cos’ha cambiato nella nostra vita?
Ormai è il fenomeno più diffuso e valorizzato nel mondo per i grandi vantaggi e cambiamenti che ha portato. Ci ha permesso di ottimizzare i tempi,di contattare chi, forse da anni, non sentivamo più; di avere qualsiasi informazione nello stesso istante in cui le cerchiamo e tanto altro….
Ma è solo questo la tecnologia?..E’ davvero un fenomeno esclusivamente positivo?..Non è quello che pensano tutti e bisognerebbe rifletterci sopra. L’avvento, o meglio, lo sviluppo della tecnologia ha sconvolto la vita di tutti noi portandoci a perdere il valore delle cose più quotidiane, più semplici..considerate oramai da molti “vecchie e antiquate”.
Ma erano proprio quelle piccole…grandi… cose a rendere le nostre giornate più belle. Ad esempio con la tecnologia si possono evitare quelle comunicazioni piene di preamboli o di attese grazie a e-mail semplici e veloci.
Certo, è vero che queste ci permettono di risparmiare molto tempo…Ma non erano forse belle quelle telefonate a sorpresa dove stabilivamo un VERO contatto con l’altra persona sentendo la sua voce…piuttosto che digitare tasti sul computer senza voce...senza anima?
O non era forse bello chiedere informazioni a un passante stabilendo un contatto piuttosto che seguire le indicazioni di un navigatore meccanico e freddo?...O , ancora, non era bello aspettare in una sala d’attesa chiacchierando con altri o sfogliando riviste, piuttosto che preoccuparsi di aggiornare il proprio profilo su facebook?..
Certo, se ci si riflette un po’ su, ci si accorge di aver perso tanti…davvero tanti gesti semplici ma preziosi…di aver perso la comunicazione VERA!!
In effetti, il mezzo tecnologico consente costantemente di essere sempre “partecipi” di un mondo… che però è ”virtuale”, non vissuto fisicamente ne provato emozionalmente. E, all’antitesi, appare anche la duplicità della persona nel proprio gruppo, che si divide quasi in “due”, tra “l’essere” o “non essere” presente, ovvero esserci ma allo stesso contempo partecipare, ad un altro livello, ad un'altra situazione. E’ facile a questo punto dire che possiamo vivere in un “doppio spazio”, fisico e virtuale, potenzialmente positivo ma che ci allontana dal contatto e ci isola, in realtà. Allo stesso modo e con la stessa duplicità il fenomeno si manifesta nei momenti in cui siamo soli e in cui sostituiamo all’immaginazione, di una lettura, una canzone, una riflessione, una preghiera, la virtualità di un contatto, di un messaggio, di un contatto in uno dei tanti social network che sono in giro. Quest’avvicendamento pericoloso a vivere una realtà virtuale, piuttosto che quella vissuta, determina un isolamento in cui sempre più ci si addentra e sempre più distanzia.
Così come per gli anni ’90, si è cominciato a riflettere sulla sistematicità con cui si usava e usa il PC, che comportava gravi danni, fisici e neurologici, così oggi dovremmo “ripensare” al ruolo della tecnologia che dovrebbe essere al nostro servizio e non viceversa. Pensiamoci!....
ETA': 45 ANNI?! LE FAREMO SAPERE!
BIANCO O NERO? TUTTO O NIENTE? RICCHEZZA O POVERTÀ? SONO QUESTI I VALORI DELL'ODIERNA SOCIETÀ? a cura di Annarita Ferrandino
Negli ultimi anni in Italia stiamo assistendo ad un fenomeno di grande intensità che coinvolge proprio la comunità di questo paese: la scomparsa della fascia intermedia tra la popolazione. Si tratta più semplicemente di una difformità presente all'interno della società, di un divario prettamente monetario, che contribuisce al fatto che la distribuzione della ricchezza non avvenga in modo omogeneo ed adeguato, determinando così un passaggio netto da classi sociali ricche, a strati della popolazione che invece sono attanagliati da gravi problemi economici. Propriamente definibile come un trapasso da uno stato estremo all'altro è paragonabile, in termini cromatici, al fatto che si possano prendere in considerazione solo le tonalità del bianco e del nero, non dando più la giusta importanza alla varietà di colorazioni che vi intercorrono tra di essi. È un processo che avviene in modo lento e graduale, senza che nessuno se ne renda conto e, quando finalmente si raggiungerà questa consapevolezza, risanare la situazione a quel punto, risulterà impossibile.
Considerando le ideologie su cui si basa l'andamento della società moderna, notiamo come essa sia influenzata dalla conveniente logica finanziaria, dove il capitale e la ricchezza godono di una considerazione di preminenza rispetto ad altri valori morali o religiosi. In questo modo ogni singolo individuo sprofonda nel vuoto ideologico proprio della collettività, che manca di punti di riferimento, di possibili certezze per il futuro e dove la dignità viene accantonata e messa da parte. Contrariamente in un passato, non troppo lontano, ci si identificava in un appartenenza ideologica, in un gruppo, un contesto al quale fare riferimento, si poteva avere ancora qualche speranza non utopistica per il futuro e si aveva un maggior senso del pudore.
La domanda che allora ci poniamo è “ Da cosa, generalmente, scaturisce la crisi dei nostri tempi?” . Prendiamo in considerazione gli eventi che si sono susseguiti nel corso della storia: notiamo periodi interessati da un fervore e una prosperità elettrizzanti, legati al clima ottimistico proprio di quell'arco temporale, dove la fiducia risiedeva nel positivismo e, periodi in cui si verificava totalmente l'opposto. Attraverso questi dati, possiamo giungere alla conclusione che lo sviluppo e l'evoluzione influenzano nuove ideologie, al contrario, l'arresto del progresso genera forti periodi di crisi, proprio come quello che si sta attraversando.
Prima era lo Stato a rappresentare un globo stabile a cui far riferimento, dove i suoi rappresentanti avevano il compito di tutelare il benessere dei cittadini. Oggi, nella crisi, si tende invece a considerare lo Stato, e identificarlo, come incerto e assediato da ombre pervaso com’è dall’immoralità dei cittadini,
Ne deriva, sempre più, la radicata concezione relativa al fatto che parlamentari e membri del governo non siano totalmente trasparenti e attenti alle esigenze del popolo generando così sfiducia e arretratezza. Un esempio ne è dato dalla serie di liberalizzazioni e privatizzazioni in programma nel governo Monti, che stanno scatenando una serie di polemiche, mentre in "teoria" dovrebbero essere proprio i cittadini a guadagnarci.
Che sia da considerare come una ripresa di autorità da parte dello stato? O un metodo attraverso il quale individui, che svettano già ai vertici della piramide sociale, possano materialmente varcare la soglia del massimo? Le opinioni e gli indizi che ci sopraggiungono quotidianamente sono contrastanti, e dunque non si comprende ancora l'entità degli ultimi avvenimenti politici ma una cosa è certa: non è ancora tramontata la speranza di un possibile cambiamento che investa il paese e il riscatto dalla sua condizione effimera.
L'Italia bloccata dal gelo e l'emergenza neve a cura di Federica Gioia
Undici sono state le regioni colpite, soprattutto Emilia-Romagna e Marche, ma anche Abruzzo e Lazio, dove si sono verificate nevicate intense.
La grande quantità di neve depositata sui tetti rischia di far crollare diverse strutture; la neve ha inoltre provocato diversi morti, dovute anche al fatto che le autoambulanze sono talvolta rimaste intrappolate nello spessore enorme.
Molte province come Roma, Rimini e Milano si sono trovate ricoperte da una coltre di neve e ghiaccio che ha bloccato tutto il sistema, i servizi come scuole, trasporti, uffici pubblici, traffico, ecc., per non parlare poi delle innumerevoli case dalle quali non era possibile uscire per via della neve depositatasi davanti agli ingressi. Nonostante ciò, le ferrovie hanno continuato ad essere attive per le linee pendolari, mentre alcune linee locali sono state chiuse.
Ovviamente ci sono state ripercussioni anche sul piano economico, come per esempio l’aumento dei prezzi sui prodotti di genere alimentare e le forti perdite che hanno subito i gestori di località sciistiche, c’è stato poi il forte danneggiamento di colture e la morte di moltissimi bovini e ovini, sia per il gelo, sia per il crollo dei tetti delle stalle.
La Protezione Civile aveva avvertito dell’arrivo di questi fenomeni metereologici, ma gli interventi sono stati ritardati, generando così difficoltà e confusione sia nella programmazione degli interventi che in quelle di protezione del territorio e della popolazione, di conseguenza è stato necessario in molti paesi l’intervento dell’esercito e delle forze dell’ordine che si sono adoperati a prestare soccorsi, non solo per liberare gli ingressi delle case dalla neve, ma anche per fornire alle varie famiglie i viveri e le medicine necessarie. Nel centro sud invece i Comuni hanno spesso dovuto risolvere la situazione da soli. Bisogna inoltre aggiungere che molti Comuni erano disorganizzati in quanto situazioni di questo tipo non erano mai avvenute e non avevano a disposizione spalaneve e il sale per sciogliere la neve.
Alcuni politici hanno affermato che la Protezione Civile è diventata alquanto inutile da quando non vi è più a capo Bertolaso, ma purtroppo con la modifica della legge questa non ha più i mezzi economici di cui necessita per una seria programmazione e per questi deve avere le autorizzazioni dei ministeri competenti.
Nella seconda ondata di neve, c’è stata una maggiore organizzazione, un miglior funzionamento dei soccorsi e, in più in alcune città, un aggiornamento in tempo reale per i cittadini grazie, anche, all’accordo fra Protezione Civile e Comuni strutturando i cosiddetti “Piani neve”.