istituto tecnico economico statale "gaetano filangieri" formia-italy       |      dirigente scolastico prof.ssa rossella monti      |      redazione: Sara Galise - Annarita Ferrandino - Maria Luigia Belcore - Federica Lops - Francesca Cannella - Federica De Meo - Stefano Pirro - Maria Tibaldi - Giovanna Sfavillante      |      vignettisti: Andrea Ritondale - Luca Iaquinta

Economia

I Giorni della crisi parte 1 a cura della Redazione 
Si inizia a ripercorrere da novembre 2011 una tabella riepilogativa dei fatti economici più importanti, un piccolo resoconto, che soprattutto in questi due mesi incidono anche la nosta sfera sociale e affettiva. Ciò, se inizialmente si mostra come mero esercizio per l'apprendimento di determinati eventi che influenzano l'economia, ora ad una rilettura più attenta, in quelle poche righe di dati stringati e di voci troncate si cela anche la parte più intima della nostra socialità e delle relazioni che da questo punto in poi dovremo tutti tener conto nelle analisi dei nostri fabbisogni, anche emotivi. Nel linguaggio comune infatti intervengono sempre più con maggire evidenza e forza termini come "spead", "mib", btp-bund" , indice, borsa, che dapprima utilizzavamo solo quando entravano e, con una certa difficoltà, in un discorso "economico". Oggi, invece, spesso li richiamiamo essendo divenuti dati essenziali e aspetti fondamentali che si interfacciano e entrano nella nostra vita "privata e sociale". Pensiamo ad un finanziamento, ad un mutuo, ad un acquisto in leasing, alle esportazioni-importazioni, alla costituzione di società etc..
Proprio perchè sarebbe oltremodo difficile dissociarli dalla nostra quotidianeità professionale e sociale intervenendo sia su fattori di welfare che di vita essi interagiscono a piena causa nel nostro vissuto.
Ed ecco che cominciamo in questa prima fase a stilare una serie di eventi datati che hanno condizionato e, non poco, il cambio politico che sta avvenendo, le riforme "strutturate" o meno che ci chiede l'Unione Europea ed i riflessi, il nostro pensare al futuro e molto probabilmente un modo diverso di approcciare, per noi ragazzi, alla ricerca di lavoro, di emozioni e sentimenti entro una realtà che sarà anche "economica".

Le prime tappe della crisi da Novembre 2011:

04/11/11
Le borse europee sono incerte, lo spread tocca i 459 punti.
È stato confermato lo sciopero dei benzinai dall’11 all’11 novembre.

05/11/11
Stime Italia per il 2020. si prevede che 385 mila posti di lavoro saranno a rischio.

06/11/11
Scioperi, oggi è stato un lunedì nero per i trasporti.

07/11/11
Le borse europee crollano, Milano guadagna l’1,32%.

08/11/11
Milano chiude in positivo ma lo spread tocca i 500 punti.
Per il 44% delle famiglie italiane la situazione economica è peggiorata.

09/11/11
La borsa è in forte calo, MIB perde il 3,78%.
Lo spread tocca i 575 punti.
Il rendimento dei Btp a quota 7,29%.

10/11/11
Piazza Affari guadagna lo 0,97%. Lo spread scende a 510 punti.
Il rendimento dei Bot tocca il 6,08%.
La produzione industriale italiana a settembre registra un -4,8%.

11/11/11
Bene le Borse, Milano è la migliore in Europa.
Spread BTP-BUND sotto i 460 punti.

Nel prossimo articolo valuteremo questi dati che, se da un lato offrono sin da adesso una lettura, a volte alterna,  deficitaria e preoccupante dell'andamento economico-finanziario, dall'altro una minima speranza e uno spazio ancora "umano" e politico a vicende che molto probabilmente hanno una radice principalmente speculativa. Dai "numeri" negativi del debito pubblico si muove e spinge a decisioni politiche, che poi diventeranno sociali con le immancabili conseguenze su chi sicuramente pagherà questa crisi.  


                                              I giorni della crisi parte 2   a cura della Redazione


Vediamo in pillole nella seconda tornata gli avvenimenti economico-finanziari più importanti accaduti, dalla metà di novembre 2011 ai primi giorni di dicembre, con una ricognizione dei "fatti" più importanti e dei relativi risvolti in chiave politico-sociale-welfare

12/11/11
3,3 miliardi di ore di cassa integrazione per 500.000 lavoratori dal 2008 fino ad oggi.

13/11/11
La produzione industriale a settembre segna un -2%.

14/11/11
Lo spread sale a quota 500 punti e aumenta sempre di più la differenza tra BOT italiani e BUND tedeschi.
Fiat: dal 23 novembre stop produzione auto a Termini Imerese.
Il vicepresidente della Commissione Europea Rehn dichiara: serve un nuovo governo per l’Italia, la diagnosi UE non cambia.

15/11/11
Spread BTP- BUND a 530 punti dopo alti e bassi.
Milano torna negativa, male Unicredit con -4%
Bankitalia: si abbassa il debito pubblico, salgono le entrate.
Istat: le esportazioni salgono del 2% mentre le importazioni scendono dell’1,3%

16/11/11
Mario Monti è il nuovo Presidente del Consiglio italiano.

17/11/11
Messaggio della cancelliera tedesca Merkel a Monti: “Caro Mario, l’Eurozona conta su di lei”.
Il ritorno dell’Ici e tasse più alte per chi possiede più immobili, se ne discuterà in Parlamento.

18/11/11
Subito imposte sulla casa. Possibile manovra finanziaria da 11 miliardi di euro.

19/11/11
Lo spread scende intorno ai 467 punti.

20/11/11
Eurobond, Bruxelles stringe i tempi.

21/11/11
Borse Unione Europea in rosso, Milano maglia nera con una perdita superiore al 4%.
UE: la Banca Centrale Europea sia stabilità a prezzi e finanze.
Confesercenti: l’usura costringe a chiudere 50 aziende al giorno.

22/11/11
Borse UE negative, la peggiore è Milano con -1,54%.

23/11/11
Calano ordini industria italiana, -9,2%.
Borse UE in forte calo, Milano perde il 2,59%

24/11/11
Sarkozy: da me e Merkel fiducia a Monti.
Fiat, oggi chiusura Termini Imerese.

25/11/11
Spread vicino ai 500 punti.
BOT a 6 mesi, rendimento a 6,5%.
Vendite al dettaglio a settembre a -1,6%.

26/11/11
New York Times: maggiori banche vedono la fine dell’area euro.
Codacons: le spese di Natale verranno a costare a ogni famiglia 220 euro in più.

27/11/11
Cgia: 20 manovre in 12 anni per 576 miliardi di euro.

28/11/11
Il Pil della Gran Bretagna aumenta solo dello 0,9%.

29/11/11
Asta BTP, rendimento vola a 7,89%.
Spread BTP-BUND sotto quota 500 punti.

30/11/11
Corrono borse europee, Milano MIB segna un +4,38%.
Disoccupazione, a ottobre è salita all’8,5%.

01/12/11
Il Ministro per lo Sviluppo, Passera, afferma: “Rischiamo di entrare in recessione”.
Spread chiude a 447,3 punti.

02/12/11
Usa: disoccupati all’8,6%, ai minimi dal 2009.
Istat: richiesta mutui diminuiti dell’8,1%.

03/12/11
Camusso, segretaria generale della Cgil, dichiara: contrasteremo le scelte sbagliate del Governo.

04/12/11
Regali di Natale? Gli alimenti sono al primo posto, i vestiti e gli accessori al secondo e infine troviamo i libri e i dvd. Lo rivela la Coldiretti.

Le quotazioni di spread e titoli di borsa europei, sono sembrati in questo periodo simili ad uno schizzo impazzito con inversioni dal basso all'alto e viceversa nella stessa giornata. L'altalenare di questi dati non è certo indice di omogeneità ed equilibrio economico.
Innanzitutto è possibile osservare come al seguito di decisioni politiche e di politica economica dell’Italia e dell’Europa varino le situazioni finanziarie-economiche, ma con quale verità visto che ciò è subito contraddetto il giorno dopo o qualche ora più tardi. Le situazioni politiche che subiscono i vari paesi influenzano sicuramente il “dato” finanziario con la fiducia, ma è la situazione economica interna che purtroppo rimane stagnante in virtù di bilanci “non pareggiati”, di debito troppo alto. Potremmo dire che non c’è proprio una diretta corrispondenza proporzionale tra ciò che si fa politicamente e ciò che ne segue a livello economico finanziario.
I fattori da tenere in conto sono molti, tra cui la crescita che non c’è, la disoccupazione che aumenta al punto del non ritorno, giunta sino all’8,5%, il Pil che non migliora ma che anzi regredisce con conseguenze ancor più gravi per l’inflazione , anch’essa in aumento, che determina a sua volta un potere di acquisto, a stipendi pure bloccati, sempre minore, i Btp che vengono all’asta comperati sempre meno e per cui lo Stato dovrà pagare interessi altissimi e le conseguenti perdite delle Banche (per l’acquisto fatto appunto dei Btp stessi, che vedono i loro titoli alla borsa perdere sempre più, il Bund tedesco che avanza sempre più e crea problemi di spread anche alla Francia e alla Spagna, l’economia reale che differisce, pur incolpevole, da quella globalizzata paga anch’essa una tassa molto salata sia per le esportazioni che le importazioni, le piccole e medie imprese che chiudono per mancanza di fondi e finanziamento che le Banche non danno e altro ancora ed infine le politiche monetarie disomogenee dell’EU che non guardano all’unità bensì al proprio paese. Di quest’ultimo esempio ne è principale artefice la Germania, che pur avendo beneficiato del cambio all’Euro ed avendo oggi la migliore economia, non accetta, a detta degli specialisti, che i Bond Europei vengono emessi dalla BCE in modo unitario per tutti i paesi, poiché perderebbe, pagando con il maggior valore ottenuto, tutto ciò guadagnato a favore dei paesi più disastrati economicamente. E alla finestra vi è anche la probabile uscita dall’Euro, questa moneta perde sempre più valore in relazione alla crisi, anche perché attualmente la funzione della BCE è solo amministrativa-sanzionativa nell’equilibrio del pareggio di bilancio dei singoli paesi e non costruttiva di una economia, veramente europea, creando così gravi scompensi tra i paesi appartenenti (la BCE può dare denaro alle Banche ma non agli Stati). Questi, partners tra loro, verranno prima o poi contratti dal fenomeno: Come è già in parte successo con la Grecia in quanto sia Francia che Germania e, non solo, hanno acquistato la maggior parte dei titoli greci, che oggi però non valgono quasi nulla e, per cui anche le loro Banche risultano di gran lunga indebitate con titoli senza valore di mercato.
Ma di questa grande crisi europea del debito si sapeva anche prima, l’avevamo anche prima, perché allora si annuncia tanto così grave tale da far dire ad alcuni specialisti del settore che non c’è più “ritorno”. Molti ripetono è il “mercato”. Ma la domanda allora è…. È il mercato che fa la politica o dovrebbe, secondo un nostro giudizio, essere il contrario. In tal senso si muovono alcuni giornali economici che titolano “La Finanza spegne la Democrazia”, intendendo con ciò che “l’economia e la finanza” mondiale si sta sostituendo(se non l’hanno già fatto con i “poteri forti”) ai “governi degli uomini” e che le vicende di uno stato sono, a questo punto solo di mercato e al mercato, appunto, accedono in pochi. Pochi non è tutti, non è“democrazia”. Cosa che ci aspetta all’orizzonte vale la pena di tentare una veloce ricostruzione del probabile antefatto.
In virtù della spesa pubblica degli stati i governi hanno fatto ricorso alla spesa pubblica, aumentando il deficit dello stato a dismisura(il debito appunto sin dagli anni ’80) come base per il rilancio dei consumi; negli anni ‘ 90 nel tentativo di sostenere una crescita” e ridurre il deficit , il debito nel frattempo accumulato dagli stati e, le difficoltà a determinarsi un oggettivo azzeramento del bilancio pubblico sono stati precoci sintomi del dissesto e del comportamento “malevole” dei mercati finanziari; in quegli anni Usa e GB liberalizzando soprattutto il settore finanziario in toto hanno consentito che Banche e Finanzieri inventassero e producessero e immettessero nel mercato una grande quantità di prodotti e strumenti di gestione del debito privato. A questo però hanno avuto accesso anche le amministrazioni pubbliche locali nazionali e internazionali intendendo aprirsi al mercato e sperimentare nuovi strumenti di acquisizione del denaro. Gli Stati quindi si sono riforniti chiedendo prestiti a queste Banche e Istituti finanziari , che erano, in quel momento in grado di finanziare e soddisfare le loro richieste di consumo e, con questo, indebolendo il futuro anche delle nuove generazioni con l’indebitamento progressivo e senza certezza . Ciò ha determinato quelli che vengono chiamati grandi “asset”, il primo nel settore informatico(soprattutto in GB) e poi quello del settore immobiliare sia in Usa(prevalenetemnete) che in GB. Nel frattempo e, specie negli ultimi due decenni, l’industria Finanziaria si è conquistata un Potere Politico tale da bloccare qualsiasi riforma delle sue operazioni e delle sue decisioni. Il secondo asset, principalmente localizzato negli USA, ha provocato il crollo delle Lehman Brothers nel 2008 (si ricorda che anche i derivati delle Poste Italiane riconducevano a Lehman Brothers) dando avvio all’attuale crisi che dall’altra parte della manica si è trasferita in Europa.
Negli USA la stagnazione economica e ripartizione verso l’alto della ricchezza(è questo il dato incontrovertibile delle operazioni finanziarie) hanno prodotto forti proteste popolari, in Europa la crisi degli stati indebitati sta forse provocando la possibile uscita dall’Euro. Oggi in Europa, il rallentamento della crescita con Pil molto bassi degli Stati ha consolidato le crisi già esistenti in forma economica-finanziaria, l’ inflazione avanza serratamente e lo spettro della recessione è dietro l’angolo con tutto quello che comporta. Nazioni che vogliono ….nazioni che non vogliono…, sta di fatto che la politica non regge il passo di chi manovra effettivamente il potere e di quale ingranaggio si sia divenuto parte, non sa dare risposte, si affida, come nel caso di Grecia e Italia a Governi Tecnici, che se non smentiti, finiranno quanto prima, molto probabilmente, perché non legittimati dal popolo. Gli economisti vedono in ciò la fine del capitalismo occidentale che distribuisce la ricchezza ormai solo verso l’alto, lasciando larghe masse di cittadini indebitati, indebolendo di conseguenza quindi le istituzioni democratiche e concentrando il potere in pochi individui che dall’esterno o dall’interno della politica inducono ad atti non più riconducibili all’”amministrazioni di tutti e per tutti” e quindi “politici” ma un potere “tecnocratico“ riconducibile alla Finanza e alle speculazioni che essa offre in funzione del mercato. Non più governo degli uomini bensì governo del mercato.

I giorni della crisi 3 a cura della Redazione

Occupiamioci degli eventi più importanti accaduti nel mese di dicembre. Ci sembra però che al cambiare dei “poteri” non cambi il risultato del mercato anzi allo spread più pesante si aggiungono le tasse varate dal nuovo governo che rendono la situazione ancor più preoccupante. E il mercato non cambia direzione, non toglie la presa, ci attanaglia ancor di più, sale lo spread, il Pil è a zero, la disoccupazione aumenta e intanto iniziano le mobilitazioni delle associazioni sindacali. Siamo in Recesssione.

05/12/11
Spread Btp- Bund tedeschi sotto quota 400 punti.
Uil: l’aumento dell’Iva innesca la recessione.
Governo vara Manovra da 30 miliardi. Aumenterà l’Iva, che raggiungerà il 23%, tornerà l’Ici sulla prima casa e ci saranno dei pesanti tagli alle Province.

06/12/11
Manovra, subito nuove accise sui carburanti.
Borsa Milano chiude a -0,48%.
Confcommercio: siamo già in recessione.

07/12/11
Manovra, benzina e diesel oltre 1,70€
Produzione industriale -4,2% su base annua.
Mentire al Fisco? Dal 1° gennaio è reato.

08/12/11
Lo spread risale a 444 punti.
Piazza Affari sprofonda del 4,29%.

09/12/11
Borse europee positive dopo il vertice Bruxelles.

10/12/11
La crisi frena la Germania: le esportazioni tedesche subiscono un calo del 3,6%.

11/12/11
Istat: retribuzioni al minimo dal 2009.

12/12/11
Settimana di scioperi, si inizia oggi.
Italia, bilancia turistica attiva con un +6,1%.
Spread Btp-Bund a quota 454 punti.

13/12/11
Napolitano: crescita, investire nel Sud.
Inps: nel 2010 nuove pensioni per 1, 12 miliardi di euro.
Nel 2010 il calo degli occupati under 30, stato del 9,2%.

14/12/11
Record dei Btp a 5 anni: rendono il 6,47%. È il tasso più alto dal 1997.
Manovra, in arrivo sigarette più care.

15/12/11
Passera: “Situazione italiana peggiore del previsto. Siamo in recessione”.
Inflazione, Istat conferma: a novembre è al 3,3%.
Bankitalia: entrate tributarie scendono dell’1,2% ad ottobre.

16/12/11
Napolitano: sacrifici per tutti.
Istat: aumento dei disoccupati dell’8,1%.
Auto UE, a novembre -3% immatricolazioni.
Lo spread tocca i 474 punti.

17/12/11
Manovra, Camera approva con 402 SI.
Quasi un miliardo di ore di cassa integrazione.
Tariffe luce e gas aumenteranno rispettivamente del 4,8% e del 2,7%.

18/12/11
Natale, niente vacanze per 6 italiani su 10.
Natale, 1 italiano su 4 spende meno di 100 euro per acquisti.

                                                                                                                                                                                                                

Dal grido di allarme ……. al baratro e in soli cinque mesi! a cura della Redazione


Come si evince dai dati la situazione non è proprio confortante. Al di là dello Spread e del Pil, che ormai crescono indissolubilmente in modo proporzionato e lo continueranno a fare per un bel po’ e, che ci auguriamo al più presto inversamente proporzionali, con i nostri sacrifici impostoci dalla manovra-finanziaria del Governo, è chiaro che siamo in diretta e perpendicolare Recessione. Così come l’inflazione che avanza ed il potere di acquisto sempre più in diminuzione. La crisi non risparmia neanche Germania e Francia che si sono viste addebitate in primo momento anche la perdita della “Tripla A” .
A ben guardare, con il risultato positivo della manovra approvata da camera e senato, lo Spread continua, nell’indifferenza della stessa. I picchi massimi al di sopra dei 550 che poi scendono poco al di sotto dei 500 punti sono ormai quotidianità. L’esperienza di questi giorni ci indica invece un descrittore, diversamente annoverabile tra le file dei proclami politici o “tecnici” di questa fase “tecnocratica”, che ha un suo nome “speculazione finanziaria” . Questo, che non avevamo mai sentito prima d’ora con l’aggettivo finanziario e diretto a noi, sta colpendo i nostri risparmi, i nostri mutui-finanziamenti-fidi contratti e da contrarre(sperando che le Banche li concedano), le nostre pensioni, senza che le nostre azioni possano, in qualche modo, contrastarlo. In effetti la speculazione finanziaria sta dissolvendo tutto il nostro patrimonio: pensate, se le differenze in percentuale del debito aumentano all’aumentare dello spread, generano ulteriore debito(in forma di interesse) il quale deve essere poi corrisposto dallo stato. A questo punto anche con la manovra di “tasse”, che sono quelle introdotte nella manovra e che stiamo vivendo sulla nostra pelle in Italia, si risolve il problema. Il saliscendi determina di conseguenza una contingente “paura” e una negazione degli investimenti “positivi” in Italia, a tutti i livelli, tranne che per “quello” finanziario. Scommettendo infatti su altri “titoli” (diversi da quelli italiani) si affossa anche quel poco di economia che è rimasta. Badate, se nessuno ci sostiene con gli investimenti per politiche di sviluppo, se nessuno compra i nostri titoli che servono poi per pagare il debito, se l’Euro non è “protetto” e quindi conseguentemente gli “stati”, abbiamo davanti un baratro e viaggiamo verso un paradosso grande come il mondo. Tutto è fermo, se guardate bene la crescita, il Pil, i disoccupati che aumentano, il potere di acquisto, l’Imu, l’Iva, l’Irpef regionale, dovremo solo “sborsare” quel poco che abbiamo nel conto per pagare il debito che politiche dissennate hanno contratto.
Lo Stato, il nostro Strato, non ha fatto nulla di finanziariamente ed economicamente valido e, tale da attendersi da una “tecnocrazia” retta da tecnici, che non gravare sulle nostre tasche con il bene placido dei tre partiti che la sostengono. Ma sarà poi politica questa! Ma sarà poi governo dei tecnici questo!
Se lo chiedono in tanti in Italia, visto che la manovra penalizza fortemente chi ha meno e magari ha dato sempre!
Non è possibile allora esperire e introdurre procedimenti antinflattivi?
C’è qualche luminare che possa aiutarci nella comprensione del fenomeno e combatterlo?
Già tutti ormai sperano nella crescita…. che però si avrà soltanto, nelle previsioni..sigh!, solo ad inizio 2013 o più tardi.
Come attrarre a questo punto i capitali in Italia. Non solo quelli economici di investimento puro(capitale) ma anche quelli di investimento finanziario. E’ un dato che il denaro circola nel 90% dei casi da investimenti-reinvestimenti finanziari, operazioni che durano un attimo, da uno a tre secondi in cui girano vertiginosamente milioni e milioni di Euro. Nel frattempo un operaio, in quel lasso di tempo, non è stato in grado di avvitare una vite. Queste le due velocità e il paradosso che si mostra stridente in tutta la sua evidenza. Da un lato la globalizzazione che brucia ed incrementa fondi (in positivo e negativo) e dall’altro il sistema produttivo improntato, appunto, sulla realizzazione del “prodotto” da vendere e su cui guadagnare. La iniquità è ben visibile e, non è un altro caso, che gran parte delle persone si stia professionalizzando in campo finanziario. Ecco, il settore finanziario “specula” sul “guadagno” o “meno” acquistando, vendendo o riacquistando azioni e titoli su cui poi svolge altre operazioni, senza tener conto che dietro ci sono uomini, famiglie, vita. Il “prodotto-guadagno” è alla mercé quindi del “mercato finanziario” che disfa a prescindere. La mancanza di liquidità è il risultato più visibile e tangibile. E allora, se non ci sono più risorse si chiude, si fallisce, anche se si ha ancora la capacità operativa, tutti fermi ad aspettare il mercato, che farà o meno girare i soldi(virtuali però) dalla nostra o dalla parte avversa.
Basta far vedere la liquidità e lui ti azzanna, ti colpisce a morte. Come rendere la pariglia! Le nostre energie ce la faranno a combattere un mostro invisibile (ma che ha comandi umani) che macina denaro e non lo rende…se non a tassi elevatissimi? Come difendersi e in che modo?
Sarebbe bene creare degli strumenti economico-finanziari di difesa e di tamponamento alla base ed evitare che investitori finanziari scommettano o meno sui paesi che hanno delle difficoltà. Stampare moneta (ma non l’Euro), dare maggior voce alla BCE (negli interventi di aiuto agli stati), crescita e sviluppo, sono le risposte più frequenti che ascoltiamo e leggiamo.
No è il “debito sovrano” ad essere attaccato direttamente mentre le Banche e gli Istituti Finanziari lo sono ai fianchi. Indirettamente tutto ciò che è quello “Stato” e quindi noi e i nostri figli nel futuro. Pagheremo quindi per quel debito contratto sino a quando non verrà estinto.
E per chiudere questa parte natalizia cito una paradigma di un giornalista sentito alla radio: nel centro di Roma vi sono persone straniere che comperano articoli italiani di grande valore sventolandolo la loro carta di credito, mentre gli Italiani hanno la faccia e il naso appiccicato sulla vetrina solo per osservare come la “piccola fiammiferaia”.


Un'intervista dei nostri alunni delle classi 4^ e 5^ al Prof. Maurizio Franzini dell'Universitò della Sapienza di Roma sulla "CRISI ECONOMICA"

Stiamo vivendo un momento storico senz’altro epocale in cui sarà necessario forse elaborare nuovi modelli e nuovi standard. Nella confusione e nello sconcerto dell’attuale crisi finanziaria ed economica abbiamo sentito la necessità di chiarirci le idee: abbiamo chiesto ed ottenuto, in data 26/11/2011 un’intervista con il prof. Maurizio Franzini, ordinario di politica economica all’Università La Sapienza di Roma.



1) Questa crisi economico-finanziaria iniziata nel 2007/2008 a causa dei titoli sub-prime USA e diventata crisi dei debiti sovrani, può essere paragonata a quella del 1929? Ci sono analogie e differenze?

La differenza sostanziale è che negli anni ’30 non c’erano i debiti sovrani ed era minore la competenza dei governi nel gestire la politica economica. Le similitudini consistono nel crollo delle borse e nella forte redistribuzione del reddito dai poveri ai ricchi avvenuta negli anni precedenti, che ha generato un indebolimento dell’economia. Chi ha redditi bassi per mantenere un certo livello dei consumi si è fortemente indebitato (i mutui subprime sono un esempio di accesso al credito delle classi più povere con unica garanzia del valore della casa per cui, crollato il valore, i creditori non non avevano modo di riscuotere le somme prestate). Per cui si attiva una catena di vendite con conseguenze recessive.

2) L’Italia come la Grecia ha sempre avuto un debito pubblico elevato. Perché solo ora sentiamo parlare di possibile default o fallimento?

Per rispondere alla domanda c’è bisogno di fare un excursus storico iniziando ad analizzare il fallimento della Lehman Brothers, un vero e proprio avvertimento per chi decideva di comportarsi scorrettamente nella politica dei prestiti (moral hazard). Le conseguenze di questo fallimento furono devastanti; da ciò deriva una parte del problema che abbiamo. Il fatto che le banche potessero possedere titoli tossici della Lehman ha portato sfiducia. Nel momento in cui c’è sfiducia nei confronti delle banche, che hanno i titoli pubblici nel portafogli, si sospetta che vendano i titoli pubblici. Impoverendo, così, il portafogli del risparmiatore. Si è diffusa, quindi, la paura che gli stati non siano in grado di rimborsare il debito contratto nei vari anni.

3) Si dice che ci sono gli speculatori dietro le manovre che hanno per oggetto i nostri titoli pubblici. Chi sono questi speculatori? Come mai non si riesce ad emarginarli?

Facciamo la distinzione tra due tipi di speculatori: il semplice risparmiatore che danneggia l’economia, ritirando i soldi dalla propria banca, per la sola paura che essa fallisca. Se il fenomeno aumentasse la banca, non avendo a disposizione denaro liquido, si troverebbe a dover disinvestire a prezzi bassi. La seconda tipologia di speculatore è invece quella formata da grandi investitori, che controllano una grossa fetta di mercato, che decide volontariamente di non acquistare determinati titoli per avvantaggiarsi della riduzione del valore da restituire.

4) Se oggi ci fossero ancora le monete nazionali, attraverso la loro svalutazione, potremmo affrontare la crisi attuale? Inoltre abbiamo sentito parlare di EURO a doppia velocità. Che significa?

Se noi tornassimo alla lira i tassi di interesse sicuramente salirebbero molto danneggiando il debito pubblico. Certo, si potrebbe recuperare la capacità di svalutare, ma nel sistema italiano oggi abbiamo imprese che hanno una bassa produttività e non ne ricaverebbero vantaggi sostanziali. Il ritorno alla lira, pertanto, causerebbe soltanto aumento dell’inflazione e forte svalutazione. L’euro a doppia velocità è una vecchia idea che proponeva due rispettive strade della moneta per Paesi forti e Paesi deboli, ma dovrebbe essere fissato un tasso di cambio fra di loro, causando cosi una serie di problemi difficili da risolvere. Inoltre equivarrebbe a rinunciare all’Europa Unita.

5) L’Euro Bonds e il Fondo Salva Stati sono la soluzione per superare la crisi del debito pubblico negli Stati sovrani?

Gli Eurobond sono titoli garantiti da tutta l’Unione Europea. Gli Stati più forti dovranno garantire anche per gli Stati più deboli; quindi la Germania dovrebbe garantire gli Eurobond emessi dalla Grecia. I Paesi che usufruiscono maggiormente degli Eurobond, pertanto, dovrebbero impegnarsi ufficialmente a garantire i prestiti ricevuti, ad esempio, vincolando quote delle loro entrate tributarie; ma c’è un problema di credibilità degli Stati Nazionali in questo senso. Certo il fatto che la BCE non può essere “prestatore di ultima istanza” per gli Stati, è un’arma spuntata e quindi, la modifica dei Trattati per rendere la BCE simile alla Federal Reserve Statunitense si renderebbe necessaria ma è un processo lungo. La BCE potrebbe però prestare al FMI che potrebbe così sostenere gli Stati Europei in difficoltà.

6) E’ d’accordo con la scelta di un governo tecnico? E con una crisi causata dalle Banche, qual è il rischio di affidare il governo ad un uomo di Banca?

Si sono d’accordo con la scelta di un governo tecnico. Qualsiasi governo politico è succube dell’economia e delle grandi banche e sceglie una sua linea politica basata sugli interessi di un determinato elettorato, mentre un governo tecnico segue una sua linea generale limpida e chiara basata sulla situazione economica del paese.

7) È positivo mettere il pareggio di bilancio in costituzione?

Il pareggio di bilancio in Costituzione per essere rispettato deve essere rigido; questo comporterebbe tuttavia il non poter intervenire in casi di emergenza. Se non fosse rigido, sarebbe un vincolo facilmente aggirabile. È meglio, quindi, non dare l’alibi del pareggio di bilancio alla classe politica ma responsabilizzarla a svolgere i propri compiti.

8) Abbiamo le terze riserve di oro al mondo (110 miliardi di euro); saremo costretti a usarle prima del fallimento?

Si, si potrebbe intervenire con la copertura dei debiti con l’oro. Però tutto ciò incontrerebbe l’opposizione dei grandi possessori a livello mondiale, perché se dovesse crollare questa copertura, il valore dell’oro diminuirebbe vertiginosamente.

9) Per combattere l’evasione fiscale quali misure sarebbero più incisive oltre al divieto dei pagamenti in contanti?

L’unico modo di combattere seriamente l’evasione fiscale è la revisione dei controlli, irrigidendoli, come già avviene d’altronde negli altri Paesi Europei.

10) Secondo Lei quali saranno le misure che verranno prese dal Governo per rilanciare l’economia del nostro Paese? Imposta patrimoniale? Lacrime e sangue necessariamente?

Personalmente spero che il Governo, per non incappare nelle diverse opinioni dei partiti e della società, faccia una mossa intelligente ossia, non discutere una cosa alla volta perché in questo modo il potere di veto dell’opposizione bloccherebbe tutto. Io mi auguro che una delle ragioni per le quali il Governo stia prendendo un po’ di giorni per fare delle mosse, sia perché sta cercando di mettere insieme un pacchetto composito di proposte e di presentarlo tutto insieme per ottenere l’approvazione di maggioranza e opposizione.

11) Per diminuire la spesa pubblica si parla di aumento dell’età pensionabile: questa misura non si tradurrebbe in un ritardo all’entrata dei giovani nel mondo del lavoro?

L’entrata nel mondo del lavoro dei giovani non è dovuta all’aumento dell’età pensionabile ma all’evoluzione generale del Paese, al suo dinamismo. In un paese dinamico l’aumento dell’età pensionabile non toccherebbe molto la domanda di posti di lavoro ma ridurrebbe la Spesa Pubblica.

12) Secondo Lei il sistema capitalistico è un sistema malato, come prevedeva Marx o va addirittura verso il fallimento?

Ci sono tante forme di capitalismo: americano, svedese, tedesco; la differenza sostanziale sta nei risultati che ottengono. Ad esempio possiamo avere un capitalismo dove c’è cooperazione tra il datore di lavoro e gli operai e un capitalismo dove abbiamo il datore di lavoro che comanda sugli operai. Nel modello capitalista è importante fare una distinzione tra il concetto di liberismo e il concetto di mercato in quanto quest’ultimo viene considerato un luogo di libertà maggiore rispetto alla fabbrica che viene considerata un luogo di costrizione. Eliminando il mercato si commette un grave errore, per prevenire questo dobbiamo permettere alle persone di entrare nel mercato in una situazione di uguaglianza. Il capitalismo moderno si differenzia da quello passato in quanto il divario fra ricchi e poveri è più ampio. Dunque per evitare il fallimento del sistema capitalistico bisognerebbe ridurre le forme di privilegio di alcune lobby affinché si abbia un migliore funzionamento dei mercati.

13) Nel sistema economico attuale la crescita è l’unico elemento di credibilità per i “Mercati”; non sarebbe più giusto misurare il benessere di una società con altri indicatori che non siano quelli del PIL e della sua crescita?

Vi sono tanti misuratori del benessere diversi dal Pil. La presenza di tanti, comunque, può indicare che nessuno è da considerarsi valido. Proprio per questo cambiare indicatore non vuol dire essere in grado di misurare effettivamente il benessere ma può rappresentare solo un dirottamento dell’attenzione rispetto alla reale situazione. Bisogna essere consapevoli che il Pil, come afferma anche il suo ideatore, non è il benessere ma serve solo a controllare il funzionamento dell’economia e dei mercati. Quindi un indicatore dovrebbe contenere in sè elementi in grado di misurare la qualità della vita, ad esempio in relazione al lavoro, esso non andrebbe visto solo come fonte di reddito ma dovrebbe considerare anche la qualità dello stesso.

Ringraziamo il professor Maurizio Franzini per l’attenzione che ci ha concesso. Continueremo a seguire la crisi con impegno e sollecitudine. Gli alunni delle classi quarte e quinte.


La Grecia ed i gravi problemi economici  a cura della redazione

La situazione economica della Grecia mostra gravi difficoltà finanziarie sin dal 2008. All’inizio del 2010 sono emerse anche le prove che, pochi anni prima, il paese aveva truccato i propri bilanci pubblici per poter entrare a far parte dell’euro, nascondendo, così, i propri problemi finanziari ed economici. A maggio del 2010, peggiorate le condizioni del debito pubblico(arrivato sino a 2.200 Miliardi di Euro), gli altri paesi dell’Unione Europea (UE) e il Fondo monetario internazionale(FMI) hanno concesso un primo prestito di circa 110 miliardi di euro. L’ulteriore peggioramento dell’economia greca, ha portato, nell’ottobre del 2011, ad  iniziare negoziati con Ue, FMI   e la Banca Centrale Europea(BCE), per la concessione di un nuovo prestito al governo greco di circa 130 miliardi di euro.
Il problema Grecia nasce dal suo ingresso nell’euro, avvenuto nel 2001, grazie alla falsificazione dei propri bilanci. È così entrata nell’euro avendo gravi problemi economici, evidenti già prima, con l’alto indebitamento con banche private europee, una struttura economica  statica e quasi tutta “statale”, alti livelli di evasione fiscale, e un debito pubblico, rilevante, soprattutto con la Fed  (Federal Reserve System, la banca centrale degli Stati Uniti d’America), le Banche centrali Tedesche, Francesi,  Giapponesi e Cinesi.
La crisi della Grecia ha origine nell'enorme debito pubblico che è stato ampliato al di là di ogni limite fino alla compromissione dei pagamenti stessi alle scadenze previste. Il paese è in recessione dal 2008 (I livelli di attività produttiva risultano più bassi di quelli che realmente dovrebbero essere) e le condizioni sociali nel paese sono in costante e grave peggioramento. Per cercare di ridurre il debito pubblico, il governo sta cercando di raggiungere un accordo sia con  i creditori privati, banche soprattutto, sia con la “Troika”, la cosiddetta triade politica-economica formata da UE, BCE e FMI. Quest’ultima però ha imposto gravi misure che riguardano il licenziamento di circa 150.000 dipendenti del settore pubblico e di 15.000 nelle aziende a partecipazione statale più un numero non ben precisato di insegnanti. Inoltre ha richiesto la riduzione dei salari di oltre il 20%  che già erano stati ridotti, tagli alla spesa della sanità di un milione di euro, tagli alle pensioni, ai sussidi sociali e della disoccupazione, infine l’annullamento del contratto nazionale di lavoro.
Il debito pubblico, contratto con banche nazionali, europee, internazionali e con gli Stati che hanno acquistato i suoi Titoli, ha portato l’amministrazione statale greca a non essere più in grado di pagare i suoi debiti, rischiando di causare il default(fallimento economico) del paese. Va aggiunto a ciò che alcuni osservatori economici e gli stessi politici ellenici dubitano che si potranno pagare le somme messe a disposizione  e di pagare con regolarità e alle scadenze prefissate gli aiuti economici pervenuti, nella prima trance, da UE e FMI. Se ciò avvenisse la situazione si aggraverebbe al punto tale da costringere la Grecia ad uscire dall’unione monetaria europea ed utilizzare la sua moneta, la dracma, la quale sarebbe altamente svalutata e non competitiva. E tale situazione comporterebbe che altri Stati europei, come Italia, Spagna e Portogallo, potrebbero compromettersi ed entrare anch’essi  in ulteriore difficoltà economica.
È per questo che, dopo lunghe trattative, il primo ministro George Papandreou si dimise e l’11 novembre 2011 si insediò un governo di transizione guidato da Lucas Papademos, ex vicepresidente della Banca Centrale Europea, con il sostegno del partito socialista PASOK di Papandreou e dell’ex partito di opposizione di centrodestra, Nea Dimokratia.
Ma, nonostante che, nella giornata di domenica 12 febbraio, il nuovo governo  abbia approvato tutti i punti dettati dalla Troika, non senza la disapprovazione di alcuni politici del governo stesso, le istituzioni internazionali si sono mostrate non completamente convinte dalla copertura finanziaria della manovra, facendo notare la mancanza di un vero piano per la riforma delle pensioni.
Intanto nel paese vi sono stati e stanno avvenendo  una serie di  scioperi generali indetti dai sindacati per protestare contro la nuova serie di misure di contenimento del bilancio pubblico annunciate dal governo. Ma lunedì 13 febbraio sono incominciati veri e propri scontri di guerriglia urbana tra manifestanti e forze dell’ordine nel centro di Atene, alimentati anche da gruppi infiltrati di black-block,  con lanci di pietre e con l’uso di lacrimogeni da parte della polizia. Le proteste di piazza, le condizioni economiche in peggioramento e l’ennesima crisi politica, intorno all’approvazione di queste misure di contenimento, minacciano ancor di più lo Stato Greco che, senza il prestito di UE e FMI, sarebbe condannato al fallimento: il 20 marzo dovrà ripagare titoli di Stato per 14,5 miliardi di euro, denaro che oggi non ha.
La crisi debitoria  della  Grecia ,  se  valutata  da  un  punto  di vista interno, avrebbe conseguenze solo nella economia greca. In realtà il problema è più serio perché  la Grecia è parte dell'Euro e dell'Unione Monetaria Europea e, di conseguenza,  sarebbe trasferito anche ad altre nazioni europee, che oggi la  sostengono economicamente, legate, come sono, dal  'patto' della moneta unica. Ed è proprio questo legame che fa sì che la crisi di uno stato “piccolo” come la Grecia si propaghi  ad altre nazioni europee. Aumentano  a  questo  punto  gli  investitori  che, non credendo più nel progetto dell'integrazione europea (Europa Unita), non investono più denaro nei paesi a rischio  e  quindi le Borse perdono e scendono di valore. Non venendo acquistati i Titoli pubblici ellenici si creano le condizioni perché poi il debito non possa essere pagato da parte dello Stato.  
Una delle vie di uscita dalla crisi, non semplice, può essere una rigorosissima politica di bilancio che consenta l'abbattimento del debito entro un futuro non lontano e con date certe che può far sviluppare una nuova competitività e, soprattutto, la crescita.
O con la creazione degli Stati Uniti d’Europa. In questo caso, infatti, le politiche economiche e monetarie sarebbero uniche e comuni per tutti gli Stati, con l’emissione di Titoli Europei che garantirebbero la liquidità(il denaro) necessaria per coprire il debito. Ma i due maggiori paesi europei, Germania e Francia, che più di tutti gli altri hanno aiutato finanziariamente sino ad oggi quelli con grande debito pubblico, soprattutto la Grecia, non sarebbero più disposti a farlo.  
E ciò, malgrado l’approvazione delle misure del 12 febbraio, si sta scontrando con i già grandi squilibri sociali esistenti, la crescente opposizione dei cittadini greci e le proteste che stanno avvenendo, anche con gravi disordini.

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